Recensione del romanzo Basta un caffè per essere felici di Toshikazu Kawaguchi, secondo volume della saga ambientata nella caffetteria più famosa del Giappone.

Altre quattro storie che ruotano attorno ai viaggi nel tempo, sempre esplorando tematiche profonde e complesse, oltre a fragilità dell’animo umano.

Noioso copia-incolla, oppure un sequel riuscito?

Leggi anche: Finché il caffè è caldo – Recensione

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Titolo: Basta un caffè per essere felici (orig. Kono Uso Ga Barenai Uchi Ni)

Autore: Toshikazu Kawaguchi

Traduttore: Claudia Marseguerra

Editore: Garzanti

Collana: Narratori Moderni

Genere: Narrativa contemporanea

Anno di Edizione: 2021

Pagine: 176 pp., Brossura

ISBN: 9788811816812

Voto: 📕📕📕📕📕/5

Trama Basta un caffè per essere felici di Toshikazu Kawaguchi

Basta un caffè per essere felici è il secondo volume della serie nipponica ambientata nella caffetteria più famosa del Giappone, che ha già conquistato tantissimi lettori.

Anche questa volta si intrecciano quattro storie di persone che desiderano viaggiare nel tempo, ma questa volta per affrontare il lutto in diverse sfaccettature.

Le regole da seguire restano sempre le stesse:

  1. C’è solo una sedia che ti consente di vivere questa esperienza e non ti è permesso di alzarti per tutto il tempo;
  2. Nel passato potrai incontrare solo chi è già stato nel locale;
  3. Il presente non si può cambiare in ogni caso;
  4. Devi bere il caffè prima che si raffreddi!

Parere Personale

Kawaguchi riprende la storia della caffetteria a partire da qualche anno dopo gli avvenimenti nel primo volume; difatti, i precedenti protagonisti sono andati avanti con le proprie vite e la figlia della defunta Kei è ormai una simpatica bambina.

La struttura della narrazione è sempre la stessa: quattro episodi interconnessi fra loro, per conoscere altrettanti personaggi che, grazie al viaggio nel tempo, trovano il modo di andare avanti e superare il proprio dolore.

Questa volta il tema ricorrente è quello del lutto: un uomo che ha perso un amico di lunga data, un figlio che non ha potuto salutare la madre per l’ultima volta, chi non ha il coraggio di confessare il decorso di una malattia terribile alla persona che ama e, infine, un marito che si strugge di dolore da svariati anni.

La domanda che sorge spontanea è: sarà tutto fin troppo ripetitivo, oppure l’autore ha trovato un modo per mantenere alto il livello di attenzione?

A parer mio, chi non ha apprezzato il primo libro, difficilmente amerà questo secondo capitolo, dove troviamo sempre uno stile di narrazione molto semplice ed essenziale, mentre le note poetiche che ci avevano deliziato in precedenza traspaiono dalla delicatezza delle storie che vengono raccontate. Fra l’altro, una più bella dell’altra e l’ultima la più commovente di tutte.

Non solo, nel romanzo si torna a parlare della donna in bianco, una figura misteriosa già presente nel primo volume, della quale si sa solo che è un fantasma rimasto intrappolato in un loop infinito, poiché non ha finito di bere in tempo il suo caffè durante un viaggio nel tempo.

Qui si scopre di chi si tratta e in un certo senso abbiamo un epilogo anche per lei, così come per gli altri personaggi fissi che lavorano all’interno della caffetteria.

Se cerchi una storia dai temi profondi, capace di emozionare e commuovere senza troppi giri di parole o ghirigori stilistici, è il libro giusto per te.

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